GAGGERO Dr. ROBERTO
NEUROPSICHIATRA INFANTILE E DELL' ADOLESCENZA - PSICOTERAPEUTA

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dal 30/04/2024 al 20/05/2024

Cyberbullismo e giovani

  • Autore: GAGGERO ROBERTO
  • 16 ott, 2017
ragazzino triste

È tra gli effetti collaterali più tristemente noti dello sviluppo delle nuove tecnologie, nonché uno dei timori principali degli adolescenti di oggi. Per essere chiari, più della tossicodipendenza, delle molestie sessuali da parte di adulti e del pericolo di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.

È il cyberbullismo, ovvero la versione digitale del bullismo, un fenomeno che a causa della sua propagazione è divenuto oggetto di analisi e speculazioni retoriche non sempre utili a capirne le cause e il modo di propagarsi.

Il bullismo in alcuni ambienti – ad esempio quello scolastico – esiste praticamente da sempre, pur avendo assunto, a seconda delle epoche e dei contesti culturali, forme e modalità differenti.

Il cyberbullismo ha indotto in esso una sorta di orizzontalità, nel senso che lo ha reso capace di propagarsi in qualsiasi direzione, bypassando la necessità di compresenza nel medesimo luogo fisico dei due attori principali (chi perpetra e chi subisce l’atto di bullismo); inoltre ha allargato a dismisura il raggio d’azione e la misura della propagazione dei gesti di emulazione.

Un meccanismo interminabile

Anche se la matrice iniziale rimane prevalentemente il contesto scolastico, che dunque coinvolge un numero circoscritto di soggetti attivi e passivi e di luoghi in cui si pone in atto il comportamento, il cyberbullismo è caratterizzato da una propagazione immediata, del tutto deprivata da limiti geografici e temporali.

La vittima può essere presa di mira e perseguitata anche 24 ore su 24, e da qualsiasi luogo geografico: in questo, il cyberbullismo sfrutta appieno le possibilità di interazione pressoché illimitate fornite dalla rete. Inoltre, la non compresenza di soggetti attivi e passivi nel medesimo luogo azzera ogni possibilità di empatia: chi perpetra atti di cyberbullismo non assiste dal vivo alle reazioni della vittima, e non sa quali conseguenze induce in essa.

Il semianonimato garantito dalla rete, infine, riduce la portata dei problemi etici e dei sensi di colpa.

Più in generale, la mancanza di contatti diretti tra bullo e vittima spersonalizza completamente i rapporti e disinnesca il meccanismo che porta all’acquisizione di una consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni. Spesso il cyberbullo, al contrario del bullo tradizionale, non ha alcuna leadership nella vita reale, ma riesce a crearsi una platea di dimensioni considerevoli nel mondo virtuale.

Le identità liquide

Il concetto di identità liquida è stato introdotto dal filosofo polacco Zygmunt Bauman: nel mondo contemporaneo, dominato dal virtuale, le possibilità di costruirsi degli alter ego fittizi, tenuti al riparo dagli sguardi altrui ma assolutamente presenti – e a volte imperversanti – in Internet, sono pressoché infinite.

La molteplicità dei contatti e la loro natura eteroclita rafforza e incoraggia questa scissione.

Tale parcellizzazione della percezione del proprio sé più autentico trasforma la rete in una sorta di eterno palcoscenico, in cui la rappresentazione del proprio personaggio finisce con il prevalere con l’esposizione della persona.

Il personaggio virtuale, d’altronde, assicura un’adeguata protezione e limita il senso di insicurezza e inadeguatezza che spesso affiora nei rapporti interpersonali.

Studi sul tema hanno dimostrato come gli adolescenti che denotano una spiccata competenza in ambito tecnologico e informatico sono in realtà alquanto fragili sul piano emotivo. Inoltre, la loro tendenza a rifugiarsi nel mondo virtuale rende ai loro occhi i rapporti personali non mediati dalla tecnologia poco interessanti o comunque meno attrattivi rispetto alla rete.

Ciò potrebbe rendere più arduo il processo di individuazione di fenomeni come il cyberbullismo da parte dei genitori, anche coloro abituati a monitorare le attività online dei loro figli.
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